mercoledì 20 gennaio 2010

Serial Experiments: [PL]ain

O mi è sfuggito qualcosa di lampante, o Serial Experiments: Lain è un prodotto che, dall'alto dei suoi miseri 12 anni, è invecchiato particolarmente male. Non mi spiego altrimenti l'8.7 ricevuto su IMDb.

La trama aveva anche del potenziale: una ragazzina commette suicidio gettandosi dal tetto di un palazzo. Alcune sue compagne di scuola, inclusa l'introversa Lain che la conosceva appena, riceveranno poco dopo delle email dalla defunta.
Lain, che mai era stata attratta dalla tecnologia, inizia a passare sempre più tempo connessa al "Wired", con singolari risultati.

Purtroppo tale potenziale viene sprecato da una realizzazione mediocre e pretenziosa a livelli quasi dolorosi - questo anche fingendo d'ignorare lo scadentissimo reparto tecnico (non dubito che alcune scelte siano state "di stile", ma in molti casi la pochezza tecnica evidenzia una seria carenza di risorse e capacità, temo).
Il vero problema è che, nei suoi 13 episodi, la serie risulta lenta in modo estenuante e del tutto inconcludente: ogni concetto (e parliamo di una manciata di idee in tutto) viene ripetuto allo sfinimento, senza neppure la decenza di cambiare prospettiva.
Il contesto delle relazioni tra i personaggi risulta poi troppo poco dettagliato, e del resto neppure i protagonisti vengono approfonditi granché.

E, ribadisco, è un peccato: perché tenendo a mente che la serie è stata concepita nel 98, va detto che il tema tecnologico viene sviluppato in maniera notevole, molto meglio (e qui mi attirerò degli insulti) che in Matrix, per fare un esempio.
Questo da solo però non basta, e riuscire ad annoiare in appena 13 episodi è una colpa grave.

Cosa resta? Da tecnofilo, non nego una certa soddisfazione nel vedere riferimenti a cose come il protocollo IP, NeXT, BeOS (e questo mi chiedo quanti l'abbiano notato ) e qualche listato C/C++ e LISP.
Menzione d'onore, poi, per essere ufficialmente la serie con la maggior quantità d'arredo urbano della storia: incroci, attraversamenti pedonali, pali del telefono, linee elettriche, semafori e chi più ne ha più ne metta - non ci si fa mancare davvero nulla ed il trono che fu della Gainax (altra grande estimatrice dell'arredo urbano ) è senza dubbio spodestato.

Voto: 4.5 - peccato, ci speravo abbastanza.
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mercoledì 13 gennaio 2010

JCVD

Mai stato un grande fan del Gian-Claudio; certo, ho visto qualche suo film, ma non si può dire che lo abbia mai ammirato a morte (né disprezzato, del resto).
Non ci si poteva però far scappare un biopic meta-film come JCVD - ed in effetti sarebbe stato un grave errore.

Jean-Claude Van Damme è nel bel mezzo di una causa per l'affidamento della figlia; la vita che fa ed i film che interpreta naturalmente non lo aiutano a far valere le sue ragioni.
Torna quindi in Belgio, alla ricerca di un po' di pace; per coprire alcune necessità economiche, si reca allo sportello bancario di un semplice ufficio postale, dove verrà però coinvolto in una rapina.
Tanto per peggiorare ulteriormente le cose, le circostanze faranno sì che tutti si convincano che sia lui in persona, a capo della banda di rapinatori.

Film a (lunghi) tratti geniale, che sviscera tutte i temi che ci si può aspettare da un meta-film su un attore specializzato in pellicole d'arti marziali a bugdget medio-basso, e molto di più.
Dove davvero si distingue è nella meticolosa realizzazione, davvero perfetta nonostante (o forse grazie al fatto che) una parte significativa dei dialoghi siano stati improvvisati. Funziona la parte d'azione (o parodia d'azione), la parte divertente (fantastico come viene tirato in ballo Steven Seagal), la meta-storia semi-biografica e - numi - tutto sommato funziona anche come thriller drammatico.

Di tutto rispetto la regia di Mabrouk El Mechri, che ci delizia con un eterno (di nuovo: meta-) piano sequenza d'azione fin dai titoli di testa, così come la sceneggiatura ed i dialoghi. Ottimamente gestita poi, la line temporale non lineare.
Tutto sommato degni tutti gli interpreti, ovviamente Van Damme svetta e compie qualcosa che somiglia ad un miracolo cinematografico. Recita. O forse no, ma comunque lo fa bene.

[piccolo spoiler che non svela nulla della trama]
E poi a metà film c'è uno dei più grandi monologhi della storia del cinema: quasi 6 minuti di faccia-a-faccia con Van Damme che sfonda il quarto muro e si confessa.


Voto: 8.5. Notevole, sul serio. PS: "Jean-Claude Van Damme sta rapinando l'ufficio postale: mi servono rinforzi!"
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domenica 10 gennaio 2010

il mondo dei replicanti

Premesso che di sicuro nessun sceneggiatore è stato maltrattato per adattare per il cinema l'opera originale (che non ho letto), non si può dire che il risultato finale sia da disprezzare.
Se vogliamo, il difetto principale - a parte un'abbondante dose di prevedibilità - di questo Il Mondo Dei Replicanti è il titolo un po' sciocchino: l'originale Surrogates rendeva molto più l'idea.

Nel canonico futuro prossimo una larghissima parte dell'umanità adotta dei surrogati, nella vita di tutti i giorni. Questi surrogati altro non sono che robot (non autonomi) estremamente sofisticati, nei quali ci si può "immergere" comandandoli a distanza.
Bellezza, forza e costante ricerca del piacere: l'umanità ha intrapreso una via un tantinello edonistica e - almeno in apparenza - la cosa paga: il crimine quasai non esiste più e la società sembra quasi perfetta, non fosse per i poco affascinanti sacchi di carne abbandonati sulle poltrone di comando di questi surrogati.
A creare scompiglio la comparsa di una nuova arma usata per uccidere il figlio del principale artefice dei surrogati (mi-ti-co James Cromwell, che del resto aveva già fatto il Dottor Lanning in I, Robot e quindi dovrebbe essere preparato sull'argomento), la peculiarità è la capacità di distruggere un surrogato ed ucciderne il controllore.
Durante l'indagine, un Bruce Willis con non abbastanza canotta dovrà vedersela prima con gli ultimi umani che non accettano i surrogati, poi con un complotto ben più esteso ed articolato.

Come detto, il difetto principale è una quasi eccessiva linearità e prevedibilità: manca un vero colpo d'ala e tutto è molto canonico e prevedibile. Jonathan Mostow alla regia non fa danni, ma mette tutto in scena come un banalissimo poliziesco, utilizzando poco le potenzialità che la base poteva avere.
Per il resto, si lascia vedere volentieri nella sua brevità (88 minuti).

Voto: 6.5 (niente infamia, poche lodi).
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giovedì 7 gennaio 2010

IMDbPY 4.4

Prosegue imperterrita la corsa verso il dominio del mondo di IMDbPY, oggi giunto alla versione 4.4.
Questa è in larga parte una versione di bugfixes, con qualche cambiamento reso a rendere alcune porzioni del codice più robuste.

IMDbPY è un package Python per l'accesso e la gestione dei dati provenienti dal database di IMDb (sia via rete che in copia locale) e può accedere alle informazioni riguardanti film, persone, personaggi e compagnie.
Sono disponibili numerosi programmi basati su di esso.

Il download è anche scaricabile dalle tasse, cosa aspettate?!

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lunedì 4 gennaio 2010

the hole

Ho avuto il piacere di rivedere quel piccolo classico piuttosto sottovalutato di The Hole.

Con la necessità di sfuggire ad una noiosa gita del college da un lato e dai genitori dall'altro, quattro figli di papà si affidano ad un ingegnoso studente che propone loro una singolare soluzione: chiudersi per tre giorni in un bunker antiatomico in disuso.
Scenario idea per la più o meno sfigata Liz, che spera di sfruttare l'occasione per fare colpo su Mike, affascinante figlio di una rock-star.
Piccolo dettaglio: la porta è chiusa dall'esterno, ed il terzo giorno nessuno verrà.

Il film si apre (in maniera notevole) su cosa succede all'apertura del bunker, e da lì in avanti si procede per gradi svelando gli eventi attraverso il racconto dei coinvolti.
Come tutto sommato prevedibile, si scoprirà che le cose sono più complicate di quanto non sembrasse inizialmente (grazie al cielo, però, non si eccede in colpi di scena e stravolgimenti della prospettiva, come ogni tanto succede).

Breve quanto basta per tenere sempre alto l'interesse, con dei bei personaggi anche ben interpretati, ha il notevole merito di non essere il solito horror che punta tutto su schifezza e rumori assordanti come ne sono stati prodotti a migliaia negli ultimi 15 anni.
Bravo e claustrofobico quanto basta Nick Hamm alla regia (che non si è più ripetuto, mi pare), fa sempre piacere rivedere Thora Birch e - come da horror che si rispetti - abbiamo pure una giovane Keira Knightley che mostra le tettine semi-anoressiche.

Voto: 8.
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