domenica 25 ottobre 2009

la battaglia dei tre regni

Premesso che non ho mai amato l'epica cinese (e, del resto, neppure il cappa e spada), partivo con buone aspettative per La Battaglia dei Tre Regni (anche Chi Bi oppure Red Cliff).
John Woo alla regia, ottanta milioni di dollari spesi in Cina, l'esercito messo a disposizione (tra un pestaggio tibetano e l'altro - devono pur riposarsi anche loro) per le scene di massa; tutto lasciava sperare in un film più che degno.

Sunto telegrafico: polpettone cinese. Due palle.

Nell'anno 208, la dinastia Han è retta da un imperatore giovane e debole; il primo ministro lo convince a muovere guerra contro i regni del Sud (o giù di li).
Sull'altro fronte alcuni signori - complice anche una plateale pulsione omoerotica - si alleano per resistergli.
Il film mette in scena una epica battaglia (più qualche scaramuccia d'antipasto) che segnò quell'importante momento storico: gli eserciti si raccolgono alle Scogliere Rosse-che-tanto-rosse-non-sono e si preparano a darsi sonore mazzate.

Le battaglie di massa sono interminabili e dirette senza infamia e senza lode (si ha il sospetto che il genere abbia detto tutto da un bel po' di tempo), con spadate, frecciate, balestrate e tutto il repertorio del caso. Nell'usuale eccesso di realismo, molti dei protagonisti sono sempre in prima fila nella mischia.
Negli intermezzi, momenti di alta sagacità, con fini strateghi intenti a far cadere dall'alto banalità sconcertanti stile: "davvero usare armi incendiarie quando siamo sottovento non è una bella idea?! Ecco perché abbiamo perso le ultime 357 battaglie! Tu sì che sei astuto..."
C'è anche un po' di passerina asian d'ordinanza, sia in ruoli d'azione (che fa tanto liberal) sia in quello della bella statuina da salvare.
Dopo quasi due ore e mezza di film coi suoi bei momenti romanzati sul piano tattico, ma in cui non si eccede in quanto a gesti atletici, si assiste ad una affascinante svolta finale, con alcuni dei protagonisti che per brevi istanti acquisiscono superpoteri e sopravvivono a quindici lance nel costato o afferrano al volo donnine cadenti con ginniche scivolate.
Prossimamente su questi schermi: Garibaldi ferma una pallottola destinata ad Anita con i denti - così, tanto per rendere più epico il tutto.

Va detto che questa è la versione per noi ignoranti e stupidi occidentali, che condensa quelli che in realtà sarebbero due film.
Devo dire che l'operazione è riuscita egregiamente: ci sono un cattivo ma cattivo-cattivo-cattivo che avrà il fatto suo e ci sono due buoni amiconi concentrato di tutte le virtù di questa terra più un terzo che fa una mossa a sorpresa prevedibile con ore d'anticipo. Nessuno si discosterà di un millimetro dal proprio stereotipo; d'altra parte immagino sarebbe stata lesa maestà in Cina, dove il tutto è romanzato e mitizzato fuor di misura.
Davvero bravi, bel lavoro: una trama così in effetti la riesco a seguire pure io, grazie...

Poi per carità: le sue due ore e mezza trascorrono senza particolare sofferenza ed è sempre un piacere rivedere Tony Leung e Takeshi Kaneshiro, e suppongo quindi che possa soddisfare gli amanti del genere.
Di mio, non riesco a togliermi di dosso la puzza di polpettone auto-celebrativo di Stato, e preferivo di gran lunga John Woo quando dirigeva iper-cazzuti film d'azione in una Hong-Kong che forse non c'è più.

Voto: 4.5.
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1 commento:

sfrisolo ha detto...

Più che un film cinese a me è sembrata un'americanata, nulla a che fare con i più o meno recenti cappa e spada cinesi.
Per la prima ora e mezza il film si lascia vedere, poi annoia.